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La trama

 

La cucina di un piccolo bilocale dove da qualche anno convivono Alberto e Flavia.
Non sono sposati, ci hanno pensato, ma non possono permetterselo. Non è possibile.
Alberto lavora per una cooperativa, per molte cooperative; è educatore.
Brevi contratti e molte ore “extra”.
Un lavoratore a progetto, molti lavori, senza tutela.
È ambizioso, ma non è possibile.
Flavia sognava un contratto a tempo indeterminato come segretaria o commessa in qualche negozio in centro, una casa e una famiglia. Non è possibile. È disoccupata da 1 anno.
I genitori le passano dei soldi, ma Alberto non lo sa.
Ha fatto numerosi corsi di aggiornamento gratuiti.
Da poco ha due nuove passioni; rendere la casa un posto “perfetto” e confezionare marmellate
per venderle e regalarle ai parenti sotto le feste.
Ha perso “lo smalto”, è invecchiata.
Hanno sempre pensato che avrebbero avuto figli, progettato, sognato. Si amano da sempre.
Non è possibile.
Poi arriva Betta, la migliore amica di Flavia e la sorella problematica (secondo lui) di Alberto.
Fa l’Art Director in una super agenzia pubblicitaria milanese.
Settecento euro al mese e una camera in affitto a Milano.
Il lavoro la totalizza, è anni che non ha una relazione. Non è possibile.

La cucina di un piccolo bilocale e un frigo rosso che nasconde oggetti e sogni dei suoi abitanti.
Le tre vite si ritrovano, riaprono il passato e cercano un futuro possibile.

Una commedia nera, laddove la commedia non è possibile.
Il racconto di vite nella crisi, del modificarsi delle esigenze, dei sogni, dei fallimenti e delle risalite di tre esistenze come tante.

Il frigorifero rosso sa come mantenere la temperatura costante, in ogni situazione climatica. Il frigorifero rosso e la sua “ronza” accompagnano lo spettacolo e i personaggi in un monito costante nella variazione climatica.

21° C è la temperatura (esterna) alla quale il corpo umano raggiunge un equilibrio perfetto.


Una ronza

 

Una ronza costante, una tastierina giocattolo, un nastro che gira in un walkman, frammenti di canzoni e di film, traffico all’esterno, oggetti di scena che diventano suoni: Tutto si tiene, si mischia, appare e scompare, si sposta, ti culla e ti fa male. Quarto attore in scena. Non lo vedi ma c’è.

Un musicista, presente in sala, agisce sui vari suoni riprodotti al fine di creare una connessione diretta tra quello che avviene in scena e se stesso.

 

La scenografia

 

Nella cucina c’è un frigorifero. Rosso. Tutto è costruito con materiali di recupero e cassette della frutta.
Lo spazio scenico è piccolo e adorno di oggetti e luci, che ricreano un interno che sembra vero, ma si vede che non lo è.

Il frigo puzza, ronza in modo fastidioso, perde acqua, è vuoto, è toppo pieno … i personaggi seguono il suo andamento.

Lo spazio ha un dentro (la cucina) e un fuori. I personaggi ruotano intorno a questo luogo e si incontrano all’interno. Fuori vivono gli sbalzi di temperatura che si ripercuotono sul dentro.
Il tempo esterno trascorre in una danza ritmica di passi e azioni, che sono solo accennate e raccontano l’altra parte della storia.

Una scenografia che parte dalla volontà di costruire con materiale di recupero, agile da trasportare e montare. Per un teatro che crea bellezza (anche) estetico-visiva con i mezzi che ha.

Crediamo che in un momento storico così particolare, l’unica strada possibile per continuare a  “creare bellezza” , sia mettere noi stessi in prima persona in situazione di dialogo ed ascolto con la società che agiamo. Il nostro lavoro crea mondi dove le luci si fanno con tutto, dove le parole sono reali, nuove e conosciute, dove la contaminazione non è una provocazione artistica, ma componente quotidiana di ciascuna persona nella realtà. Vogliamo mostrare dei personaggi a cui lo spettatore possa affezionarsi e riconoscersi. Vogliamo che lo spettatore dica a se stesso :
 “Sì, anche io! ” e ne sia sollevato.


 

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